Rurability

23 Gennaio 1970

23 Gennaio 1970, arrivo in Sardegna, destinazione Gonnosfanadiga.

Mi incuriosisce questo nome un po’ complicato e subito cerco di scoprirne il significato. Fortunatamente ho come collega il professor Casti, grande studioso della storia locale, che mi spiega l’etimologia del termine e mi racconta la nascita e lo sviluppo del paese. Ma sono soprattutto i miei alunni e le mie alunne a farmi conoscere la vita di Gonnos.

Innanzitutto sono “costretta” ad imparare da loro la parlata locale per evitare equivoci soprattutto con le persone anziane che in quel tempo si esprimevano prevalentemente in “limba”. Mi colpiscono le donne anziane con grandi fazzoletti neri che ricoprono le loro teste canute e indossano lunghe gonne scure. Sono i miei ragazzi che mi raccontano i fatti reali e le leggende, mi portano a Santa Severa, chiesetta campestre e mi indicano dei massi che recano i segni lasciati dalla Santa. Infatti nella roccia mi fanno notare l’impronta di un piede umano e di zoccoli di cavallo. Santa Severa venendo dal Cielo – mi dicono – vi sarebbe passata seduta a cavallo, e, discendendo a terra vi avrebbe lasciato l’impronta del suo piede. Mi raccontano storie impressionanti di megere, fate e mostri che si nascondono nei pozzi. Ma mi fanno conoscere anche la realtà locale: donne che lavano i panni al fiume, mamme che fanno la fregola o altri tipi di pasta nei tipici recipienti, bimbe e adulte che preparano i caratteristici dolci: pabassine, gueffus, pardule….insomma tanti aspetti di vita così diversi dalla terra da cui provengo. 

Ancora non c’erano i ponti di legno che collegavano le due parti del paese ed io per raggiungere la scuola di Gonn’e susu dovevo attraversare il rio Piras, il “fiume”, sui ciottoli che si trovano nel suo letto. Un giorno che il rio era un po’ adirato rimasi nel mezzo e per fortuna alcune alunne vennero a “salvarmi”. 

Provenendo da una grande città, fatta di asfalto e cemento mi incantavano le campagne, i boschi, insomma tutto quel verde che circondava il paese. E poi mi portavano a raccogliere, secondo la stagione, funghi o asparagi o altri prodotti squisiti e sorridevano di nascosto perché, non essendo abituata, mi lasciavo sfuggire ciò che per loro era evidentissimo. Mi fecero scoprire Perda de Pibera, non ancora sistemata e ristrutturata. Alcuni genitori avevano lavorato nella locale miniera e conservo ancora gelosamente pezzetti di minerali che mi avevano donato a testimonianza del duro lavoro dei loro padri. 

Pian piano il tempo è passato, alcune abitudini sono scomparse e forse i ragazzi di oggi, figli o nipoti di quei ragazzi e ragazze di ieri, non conoscono tutto ciò che ho imparato dai loro genitori o dai loro nonni.

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Testimonianza di Maria Rosaria Raiola (anno rif.1970)
Testimonianza di Maria Rosaria Raiola (anno rif.1970)