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Tra le vie della Street Art: in viaggio con Ivana Salis in una Sardegna proiettata nel contemporaneo

Ivana Salis, di Gonnosfanadiga è storica dell’arte e presidente dell’Associazione culturale Asteras – Associazione Territorio e Arte in Sardegna – con sede a Cagliari. L’associazione si occupa di promozione e divulgazione dell’arte contemporanea, non solo sull’Isola. Nel 2020 ha curato l’uscita della guida “Muri di Sardegna, Luoghi e Opere della Street Art”, Dario Flaccovio Editore. La guida accompagna il lettore in 145 comuni sardi, del Nord, del Centro e del Sud, e racconta, attraverso mappe, immagini e itinerari, 490 opere di arte urbana.

Ciao Ivana, grazie per la tua disponibilità!

Vogliamo subito immergerci nel mondo di Asteras. Raccontaci un po’ di te, del gruppo di cui fai parte e delle attività che portate avanti.

Asteras nasce nel 2018 dalla collaborazione tra un gruppo di storiche dell’arte e fotografi professionisti. Siamo 4 donne e 1 uomo, il nostro fotografo, Massimiliano Frau. Le altre colleghe sono: Gianfranca Loi, Barbara Catte ed Elisabetta Borghi. In realtà, lavoriamo insieme da circa dieci anni, seguendo progetti di valorizzazione del patrimonio culturale per enti pubblici e privati. Da questa lunga collaborazione nasce la voglia di costituire un’associazione che si occupi della valorizzazione e promozione del patrimonio culturale, soprattutto quello contemporaneo. Nei tre anni di vita di Asteras abbiamo organizzato mostre d’arte contemporanea. Il nostro progetto più corposo, portato avanti nell’arco di un biennio, è “Muri di Sardegna”.

Il gruppo Asteras. Da sinistra: Gianfranca Loi, Barbara Catte, Elisabetta Borghi, Ivana Salis. In basso: Massimiliano Frau – Foto di Massimiliano Frau

Muri di Sardegna: muralismo, writing, street art… nel libro introducete le differenze tra questi concetti e scegliete, infine, di accogliere, nel sottotitolo, la Street art. Vuoi dirci di più in merito a questa scelta?

Questa scelta è dettata dal fatto che in Sardegna ci troviamo davanti a 59 anni di muralismo. In questo arco temporale assistiamo ad un fenomeno di congiunzione tra muralismo e street art. Abbiamo quindi pensato, occupandoci di arte contemporanea, che fosse opportuno fare un focus su quest’ultima. Volevamo aprire una grande parentesi sugli ultimi 10-15 anni, visto che di solito si affronta il fenomeno storico del muralismo isolano.

Uno stereotipo che spesso ci accompagna, come sardi, è quello che ci descrive – e a volte siamo noi, per primi, a farlo – solo come una terra “ancorata al passato”. Ma, come avete ben evidenziato nel vostro lavoro, la Sardegna ha espresso, e continua su questo fronte, con molta varietà, una cultura contemporanea che si rappresenta anche attraverso l’arte urbana. Pensi che, per lo sviluppo culturale e turistico dell’Isola, la street art possa giocare un ruolo rilevante? Se sì, quali sono i passi da muovere e quali quelli già fatti?

I passi già fatti ci dicono che negli ultimi 15 anni moltissime amministrazioni comunali hanno investito sull’arte urbana. L’arte urbana è, quindi, ritenuta uno strumento utile per la valorizzazione locale. In futuro, sicuramente questo fenomeno continuerà a svilupparsi. Però, il problema risiede nel fatto che le amministrazioni comunali, generalmente, fanno delle commesse dirette: chiamano gli artisti e commissionano i temi delle opere. Questo genera un certo appiattimento, perché si continua a raccontare una Sardegna ancora solo legata alle tradizioni e meno proiettata verso l’epoca contemporanea. Per cui, il consiglio per chiunque voglia intraprendere un progetto di arte urbana è sicuramente quello di rivolgersi a dei professionisti – i curatori – che possono strutturare dei progetti partendo dalla costruzione dell’identità e lavorando sulla valorizzazione culturale attraverso dei linguaggi aderenti al contemporaneo, capaci di portarci ad un livello globale, non solo locale.

Ivana Salis e Barbara Catte a San Sperate (CA) – Foto di Massimiliano Frau

In copertina avete scelto un’immagine di ZED1 “Cercarsi negli altri” del 2017, che si trova a San Gavino Monreale. Come ci si cerca negli altri?

Partendo dalla chiusura della premessa di “Muri di Sardegna”, in cui Elisabetta Borghi scrive “Troviamoci, quando si può, negli altri”, penso che, per trovarsi negli altri ci sia bisogno di cercare delle persone che rispecchino in qualche modo una parte di noi stessi. E questo è molto semplice quando si hanno a cuore degli obiettivi che vertono sul progresso sociale, sulle grandi tematiche umanistiche, sulla valorizzazione dell’arte. Tutte tematiche che, in qualche modo, mettono insieme gli uomini e li portano a progredire nella costruzione di una società migliore.

La copertina di “Muri di Sardegna” – Opera di Zed1: “Cercarsi negli altri” (2017)

Da compaesana, ti va di raccontarci il tuo rapporto con Gonnos? Quali pensi che siano, da un punto di vista culturale, gli aspetti su cui puntare per la valorizzazione del paese, pensando anche ad un pubblico giovanile?

Il mio rapporto con Gonnos si è ormai interrotto da qualche anno, perché attualmente risiedo a Cagliari e torno in paese, in media, una volta alla settimana, nei fine settimana. Il mio modo di vivere il paese è stato, quindi, molto relativo. È sicuramente un rapporto da ricostruire. Mi piacerebbe farlo con attività a favore dei giovani e della cultura e per la valorizzazione del paese. Aspetti su cui puntare, a mio avviso, sono legati alla sua storia millenaria, ai siti archeologici, da aprire, alla possibilità di attivare dei centri culturali e giovanili, quali risorse sulle quali un’amministrazione avveduta dovrebbe investire, su cui puntare per rinnovare il paese. Aggiungerei anche che ci sono tante belle case, testimonianza di architettura storica tra fine ‘800 ed inizi ‘900, spesso costruite in terra cruda che, se ben restaurate, potrebbero rappresentare dei fiori all’occhiello.

Il settore culturale, in Italia, è, purtroppo, un po’ maltrattato. Cosa consiglieresti ad un/a giovane che, oggi, dovesse scegliere di formarsi per lavorare nella cultura?

Il mio consiglio è quello di studiare molto all’estero per poi riportare in Italia le competenze acquisite. Questo, non perché non ci siano, a livello nazionale, degli ottimi corsi di studio, ma per via delle maggiori opportunità che un curriculum internazionale potrebbe aprire rispetto ad una formazione totalmente italiana. Aggiungo: consiglio di fare più esperienze possibili sul campo, di acuire le proprie competenze in ambito informatico e gestionale e di non scoraggiarsi, avendo la forza di difendere le proprie scelte e i propri ideali.

Ivana Salis – Foto di Massimiliano Frau