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Guerra in Ucraina: le fake news

Fake news: dal Covid-19 al conflitto

La quantità di informazioni che hanno invaso la nostra quotidianità fin dai primi momenti dell’epidemia da Covid-19 sta ora facendo spazio al conflitto in Ucraina. Purtroppo questa mole di informazioni non è sempre verificata e porta alla confusione generale e all’incertezza.

Il 24 febbraio ha sancito una data importante per questo periodo storico non solo per l’invasione russa in Ucraina ma anche da un punto di vista della comunicazione. Quest’ultima gioca un ruolo fondamentale nel conflitto poiché racconta e fa conoscere gli aspetti di questa nuova guerra quasi mondiale. Come successe nei primi mesi di Pandemia, nei quali l’argomento principale trattato era il Covid-19 in tutte le sue forme, anche ora l’argomento principale al quale si sono votati i media, senza distinzione fra online e offline, è la guerra.

Smontate una ad una le fake news sulla guerra in Ucraina
Skuola.net

Non si tratta dunque di un semplice conflitto che si esaurirà solo sul campo di battaglia ma anche di una vera e propria guerra alla disinformazione. Ricorderete sicuramente le teorie complottiste sul Covid-19 come “Il virus non esiste, è tutta una montatura”: purtroppo ora queste tipologie di frasi hanno cambiato soggetto e sono una delle cause delle fake news di questi mesi.

Le fake news sono condivise non solo dai singoli cittadini votati alle teorie del complotto ma anche da istituzioni che mirano a screditarne altre. Nel caso specifico il Cremlino si è fatto diffusore di bufale, molto probabilmente per distogliere l’attenzione dai suoi crimini di guerra in Ucraina.

Come è noto in Russia la liberà di parola e di stampa viene auto-censurata su alcune questioni a causa dell’azione del governo, della regolamentazione burocratica e di indagini penali non sempre trasparenti (Libertà dei media in Russia, Wikipedia). Anche in questo caso il paese degli Zar si è fatto portavoce di diverse fake-news.

Esempi di fake news sul conflitto

Ricorderete il video del sangue finto che ha spopolato in questi giorni, il quale mostrava dei ragazzi ucraini coprirsi viso e abiti di sangue finto come se volessero ingrandire la portata distruttiva degli attacchi russi. Queste immagini non appartengono al conflitto e alla contemporaneità ma al backstage di una serie televisiva ucraina, “Contamin”, girata nel 2020.

Un altro esempio è un video rilasciato dagli account sostenitori del Cremlino nel quale viene ritratto un giornalista che parla davanti ad alcuni sacchi per cadaveri che rappresenterebbero i tanti morti tra i civili a causa dell’invasione. In questa rappresentazione pare che i sacchi a un certo punto inizino a muoversi e un uomo viene ripreso da un operatore mentre si ricopre con il sacco. Questo è un chiaro esempio di decontestualizzazione poiché il video in realtà è la ripresa di una protesta organizzata da alcuni ambientalisti per sensibilizzare sullo stato attuale del pianeta, svoltasi in una piazza di Vienna. Con molta poca originalità questo video era stato utilizzato anche dai no-vax per contestare i morti causati dal Covid-19 (Le quattro grandi bufale sulla guerra in Ucraina, smontate, Agi-Agenzia Italia).

Le quattro grandi bufale sulla guerra in Ucraina, smontate
https://i.ytimg.com/vi/2o3Rph8DcUY/sddefault.jpg#404_is_fine

I social e la guerra

La guerra in Ucraina vanta alcuni primati. Si tratta infatti del primo conflitto a essere raccontato in tempo reale sui social e anche combattuto su questi nuovi mezzi di comunicazione. Sicuramente emblematiche da questo punto di vista sono le dirette social del Premier ucraino Volodymyr Zelens’kyj, nelle quali il presidente informa e parla con i suoi cittadini e non.

I social si schierano contro la guerra in Ucraina. Il primo colpo lo ha sferrato Twitter, nella sera del 10 marzo, quando ha eliminato un post dell’ambasciata russa a Londra, la quale sosteneva la tesi secondo cui il bombardamento di un ospedale a Mariupol da parte delle forze russe è stata una messinscena. Dopo poche ore da questo primo attentato social i media, gli influencer e i vari diffusori di fake news russi sono stati banditi da qualunque social occidentale.

Meta, il nuovo marchio dell’azienda con a capo Mark Zuckerberg, ha optato per l’allentamento della censura sui post di odio contro le forze russe impegnate in Ucraina, definendo questo atto un provvedimento per proteggere la libertà di parola come espressione di auto-difesa di un popolo in reazione all’invasione militare del proprio Paese (cit. Agi: La guerra in Ucraina è la prima guerra combattuta non solo sui social, ma dai social).

Naturalmente Mosca ha reagito agli attacchi di Meta limitando l’accesso a Instagram e accusandola di promuovere la violenza, annunciando inoltre un’azione legale per classificare l’azienda del colosso come organizzazione “estremista”. Anche YouTube ha bloccato a livello mondiale i canali dei media russi finanziati dallo Stato.

Dall’inizio di questo conflitto i social hanno dunque preso una posizione ma si sono fatti anche portavoce della situazione drammatica delle città ucraine.

Il racconto mediatico della guerra

Non mancano i racconti e i video dei civili che si trovano ancora nei loro territori ma ciò che sorprende è sicuramente un altro aspetto: i contenuti postati dai soldati. Questi utilizzano Instagram, TikTok e Twitter per raccontare le loro storie dal campo di battaglia. Il più conosciuto è Alex Hook che dal Donbass pubblica video di se stesso e dei suoi colleghi che ballano al ritmo delle canzoni dei Nirvana o si preparano per la battaglia.

Profilo TikTok di Alex Hook.

Non solo alcuni soldati hanno un loro profilo nel quale raccontano la loro quotidianità ma anche l’esercito Ucraino ha un suo profilo Twitter nel quale pubblica costantemente aggiornamenti sul conflitto.

Se prima intrattenevano i loro follower con video di make-up, divertenti o esponendo le loro posizioni politiche, ora gli influencer si sono dati al racconto della guerra e si sono trasformati in combattenti della resistenza. Un esempio è Anastasiia Lenna, Miss Ucraina 2015, che ha abbandonato i suoi abiti alla moda per indossare la divisa ed esortando i suoi connazionali a difendere il Paese.

Profilo Instagram di Anastasiia Lenna.

Anche alcune celebrità russe si sono ribellate al Cremlino e hanno postato messaggi di protesta sui social (Agi: La guerra in Ucraina è la prima guerra combattuta non solo sui social, ma dai social).

Gli storici potrebbero considerare questo conflitto come uno spartiacque tra il modo di raccontare le guerre prima e dopo i social. Inoltre ci si dovrà confrontare con una mole di informazioni, così tante da rendere difficile distinguere ciò che è vero e da ciò che è falso.